SOCIETÀ ARCAICHE E ORDINE COSMICO
di Edward Goldsmith
Da un capo all’altro del mondo, dagli inizi della preistoria, la credenza
secondo cui la società deve seguire una certa strada – o “Via” – per
conservare se stessa e il mondo che la circonda, è stata un tema ricorrente
che ha attraversato molte società e culture. Questa Via, che una società
deve seguire per conservare l’ordine del cosmo, è definita come quella
che si conforma alle norme tradizionali, o “leggi” – leggi cui gli antichi
greci alludevano parlando di Nomos o Dike – intese nel senso di giustizia,
rettitudine o moralità. La Dike era “la via del Mondo, il modo in cui le cose
accadono”.
Alla Via i greci facevano riferimento anche come Themis: “la via
specifica per gli esseri umani, ratificata dalla coscienza collettiva”. Temi
era considerata anche come la Via della Terra, e a volte la Via del cosmo
stesso – quella che governava la condotta degli dèi. Quando, più tardi,
questi concetti furono personalizzati nella mitologia greca, Temi divenne
la dea della legge e della giustizia, e quindi della moralità. Essa coincideva
anche con Moira, il sentiero del destino o fato. In Omero, gli dèi sono visti
come subordinati a Moira e anche a Dike – forze cosmiche più antiche degli
stessi dèi e di natura morale. Contro il fato – e quindi contro la stessa legge
morale – gli dèi non possono fare niente.
La Via, dunque, secondo i greci, doveva essere seguita non soltanto da
tutti gli esseri umani, ma dal mondo naturale, dal cosmo e dagli stessi dèi.
C’era, così, una singola legge che governava l’intera gerarchia cosmica.
“Temi nel mondo di Zeus”, come scrive Pitagora, “e Dike nel mondo di
quaggiù, occupano lo stesso posto e hanno lo stesso rango di Nomos nelle
città degli uomini; così, colui che non fa bene il dovere prescrittogli può
sembrare un trasgressore dell’ordine generale dell’universo”.Buona parte
della forza vitale o della sacralità del paese era concentrata nella persona
del re. Era perciò essenziale che egli osservasse religiosamente la Via. Così,
Odisseo ci dice che quando un re irreprensibile conserva la Dike, “i neri solchi producono grano e orzo, e gli alberi sono carichi di frutti, e le pecore
sono prolifiche e non diminuiscono, e il mare dà pesce in abbondanza, e
tutto questo grazie alla sua buona guida, e il popolo prospera sotto di lei”.
La nozione di Via è stata probabilmente concepita, esplicitamente o
implicitamente, da tutte le società vernacolari. Così, nell’antica Cina, il Tao
allude, al contempo, all’ordine e alla Via del cosmo. Il termine è applicato
alla “rivoluzione dei cieli”, quotidiana e annuale, e alle due forze di luce e
oscurità, giorno e notte, estate e inverno, caldo e freddo. “Esso rappresenta
tutto quello che nell’universo è corretto, normale o giusto (ching o twan);
e infatti, non devia mai dal suo corso. Di conseguenza, comprende tutti i
corretti e giusti rapporti tra uomini e spiriti che soli promuovono la felicità
e la vita universale”.
Il Tao non era considerato “soltanto una forza che vagamente permeava
tutte le cose, ma come il normale modo d’essere, la vera struttura delle cose
particolari e individuali”. Feng Yu-Lan considera il Tao come “l’universale
principio primo delle cose”. Tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri
umani, fanno parte di questo ordine naturale universale. “Il Tao, in quanto
ordine della natura, governa la loro vera azione”. Gli uomini seguono
il Tao comportandosi “naturalmente”. Questo significa conformarsi al
principio del Wu Wei di Lao Tzu, poiché “quando tutte le cose obbediscono
alla legge del Tao, formeranno un insieme armonioso e l’universo diventa
un organismo integrato”.
Nell’antico Egitto, il concetto di Maat svolse un ruolo simile. Significava
infatti “il giusto ordine nella natura e nella società, così come venne
instaurato all’atto della creazione […] quello che è giusto, quello che è
corretto, legge, ordine, giustizia e fiducia” – non soltanto nella società,
ma nell’insieme del cosmo. Il dio Ra era, al contempo, signore del cosmo,
signore del giudizio dei morti e signore di Maat. Anche se Maat nacque
con la creazione, tuttavia doveva essere rinnovato e protetto. Ne deriva che “Maat non è soltanto l’ordine giusto, ma anche l’oggetto dell’attività
umana. Maat è sia il compito che l’uomo si dà, sia, in quanto rettitudine, la
promessa e ricompensa che lo attende eseguendolo”.
Il regno centralizzato dell’antico Egitto era governato da un re sacro, il
cui ruolo consisteva nel conservare Maat, l’ordine del cosmo. “Il cielo è in
pace, la terra è nella gioia, perché hanno saputo che [il re] stabilirà il diritto
al posto del disordine”. Tutankhamon “scacciò il disordine dalle due terre
e Maat è saldamente insediato al suo posto: ha fatto della menzogna un
abominio e la terra è com’era agli inizi”.
Un concetto simile esisteva nell’India vedica. Ad esso si faceva
riferimento parlando di R’ta (si veda, più avanti, l’articolo di Krishna
Chaitanya). Nei Veda leggiamo: “I fiumi scorrono R’ta. Conformemente
a R’ta, è giunta la luce del celestiale mattino […] L’anno è il sentiero di
R’ta. Gli stessi dèi sono nati dal o nel R’ta; essi mostrano con i loro atti
che conoscono, osservano e amano il R’ta. Nell’attività umana, esso si
manifesta come legge morale”. R’ta sta anche per verità. La non-verità,
sebbene talvolta definita Asatya, è di solito espressa come An-R’ta – dunque
come divergenza dal R’ta o Via.
Il poeta vedico si rende pienamente conto che per ottenere i doni della
natura, l’uomo deve obbedire al R’ta: per colui che vive in conformità con
la legge eterna, i venti sono pieni di fragranze, i fiumi riversano dolcezze.
Così le piante possono essere piene di fragranze per noi”. Il grande Inno alla
Terra vedico esprime chiaramente la credenza nella dipendenza dell’umanità
dall’ordine del cosmo e nel ruolo dell’umanità nel conservarlo, osservando
l’antica legge.
Più tardi, anche il concetto di Dharma fu usato dagli indù in un senso
molto simile. “Quella regolarità, quella normalità dell’universo, che
produce buoni raccolti, grasso bestiame, pace e contentezza è espressa dalla
parola Dharma, che significa […] ‘sostegno’, ‘appoggio’”. Essa descrive il modo in cui ci si attende che animali, uomini o cose si comportino; è la
legge naturale. Il sole è talvolta identificato con il Dharma perché regola le
stagioni. Tra gli dèi, Varuna è il Signore della Giustizia che decreta le leggi
dell’universo. Quando il re sale al trono, si pensa che debba diventare per il
suo popolo quello che Varuna è per gli dèi. Per questa ragione, anche lui è
conosciuto come “Signore della Giustizia”.
Nell’induismo di Bali, il Dharma è visto come “la forza organizzatrice
che mantiene l’ordine, l’organizzazione che governa l’universo nel suo
insieme, i rapporti tra le varie parti dell’universo e le azioni nelle varie parti
dell’universo”. Il concetto di Dharma fu ripreso anche dai buddhisti che lo
portarono in Cina. Qui, il Dharma del Buddhismo Mahayana fu identificato
con il Tao. Il Dharma buddhista è la legge universale che abbraccia il mondo
nel suo complesso. “Esso esiste a beneficio di tutti gli esseri, perchè allora
la sua manifestazione principale, la luce del mondo, non fa risplendere
la sua benedizione su tutti gli uomini e tutte le cose?”. Quando un lama
buddhista fa girare il suo mulino da preghiera, esegue un rituale che ha un
profondo significato sia in termini di Dharma che di R’ta. Trova se stesso
nella solidale relazione con la Ruota dell’Universo; compie l’atto che “mette
in movimento la Ruota della Giustizia. Egli non osa girare la ruota in senso
contrario, per paura di sconvolgere tutto l’ordine della natura”.
Nella Avesta persiana, si accenna alla Via in quanto Asha, rappresentante
celeste della giustizia sulla terra. “La giustizia è la legge della vita del
mondo, così come Asha è il principio di ogni esistenza bene ordinata e
l’instaurazione o il compimento della giustizia è il fine dell’evoluzione
dell’universo”.
Nell’antico giudaismo i termini usati sono Mishpat, che significa giustizia
o retto giudizio e sedeq – più comunemente tradotto come rettitudine.
Queste virtù sono attribuite a Dio, ma “la visione dominante è quella di
una società umana in armonia con il cielo” (si vedano gli articoli di Robert Murray e Margaret Barker). Questa armonia è Shalom, pace. Ma in realtà,
questo termine ha un senso ampio che sta per armonia tra Cielo e Terra,
ordine cosmico o “retto funzionamento di tutta la natura, così come Dio
l’ha creata”.
Scelte sbagliate
Conformemente a questa visione del mondo, per una società deviare dalla
Via equivale a minacciare l’ordine del cosmo stesso, e perciò a provocare le
peggiori discontinuità possibili. In tal caso, la società segue l’Anti-Via; An-R’ta
nell’India vedica, adharma nel buddhismo, ou Themis presso gli antichi greci o
Isft (disordine) presso gli antichi egiziani.
I greci pensavano che in queste occasioni ou Themis assumesse l’aspetto di
Nemesi, collegata a Nomos e Nemos, il boschetto sacro che fu quasi certamente
il luogo originario di culto degli antichi greci, come lo fu per i celti. Nemesi, la
dea dei boschi identificata con Artemide o Diana, dimorava in tale boschetto.
Era anche la dea della fertilità, strettamente associata con Fortuna, “la Signora
che produce i frutti della Terra. Colei che distribuisce cose buone può rifiutarle
o distribuire sventure invece di benedizioni, la forza spaventosa che infesta i
boschi può rovinare l’empio invasore del suo santuario”.
La mitologia classica abbonda di storie sulla Terra che si vendica di coloro
che distruggono la natura. Così, Erisittone, il cui nome significa “Colui che
lacera la Terra”, abbatté un albero abitato da una driade [ninfa dei boschi –
N.d.T.], nonostante le proteste dello spirito dell’albero. Lo spirito si lamentò
con Madre Terra, che tormentò Erisittone con una insaziabile fame. Orione
fece lo spaccone dicendo che avrebbe ucciso tutti gli animali del mondo. Anche
questo fu riferito a Madre Terra, che mandò un mostruoso scorpione a pungerlo
mortalmente. Anche oggi questi segni zodiacali si oppongono nel cielo – un
messaggio, forse, per coloro che vivono ora le conseguenze dell’adozione di una
visione del mondo che è in diretta opposizione con gli interessi della Terra.