L'ENERGIA UMANA: MUSCOLI E MANI
di Gianfranco Zavalloni
Dall’energia muscolare all’energia nucleare
credo sia importante prima di addentrarci in alcune linee di riflessioni
sull’importanza delle abilità manuali e l’uso dell’energia muscolare,
vedere un piccolo schema sulle scoperte e sull’utilizzo che l’uomo ha fatto
dei diversi sistemi di energia attraverso i secoli:
2 milioni-10.000 a.C. – L’unico tipo di energia usato è la propria energia
muscolare.
10.000 a.C. – L’uomo comincia a sfruttare l’energia muscolare degli
animali.
600 a.C. ca. – I Greci sperimentano le proprietà elettriche dell’ambra.
III secolo a.C. ca. – Compaiono in Medio Oriente i primi mulini ad acqua.
27 a.C. – Vitruvio descrive i mulini ad acqua ad albero orizzontale e a
ruota verticale usati a Roma.
II secolo – Compaiono i primi mulini ad acqua a cascata verticale.
650 ca. – Compaiono in Persia i primi mulini a vento
1086 ca.– Compaiono in Europa i primi mulini attivati dalle maree.
1100 ca. – Il mulino a vento, tramite gli arabi, arriva in occidente.
1712 – T. Newcomen costruisce un motore a vapore impiegato per pompare
acqua dalle miniere.
1769 – J. Watt inizia a migliorare la macchina di Newcomen
aggiungendovi il condensatore.
1780 – L. Galvani scopre l’elettricità animale nelle rane.
1782 – J. Watt realizza la macchina a vapore a doppio effetto a rotismo
planetario.
1800 – A. Volta annuncia l’invenzione della pila elettrica.
1821-1831 – M. Faraday studia il fenomeno dell’induzione elettromagnetica,
realizza la prima dinamo rudimentale.
1879 – T. A. Edison realizza le prime lampade a filamento.
1881 – Edison realizza a New York la prima centrale termoelettrica.
1893 – N. Tesla realizza la prima centrale idroelettrica a corrente alternata.
1893 – W. Kaplan realizza la turbina “a propulsore”.
1896 – H. Becqerel scopre la radioattività naturale.
1897 – 1898 M. e P. Curie scoprono le proprietà radioattive di alcuni minerali.
1904 – In Toscana per la prima volta si sfrutta l’energia geotermica per
ottenere corrente elettrica.
1905 – A. Einstein formula la teoria della Relatività ristretta, aprendo l’era
nucleare.
1919 – E. Rutherfod effettua la prima reazione nucleare.
Anni ‘20 -Vengono realizzate le prime perforazioni petrolifere a grande
profondità.
1934 – F. Fermi e i “ragazzi di via Panisperna” scoprono i neutroni lenti.
1934 – F. Jolit e I. Curiel scoprono la radioattività artificiale.
1935 – L. Szilard ipotizza la possibilità di reazioni a catena.
1938 – H. Bethe formula la teoria della fusione nucleare.
1938 – Viene scoperto in Messico il primo giacimento di petrolio Off Shore.
Anni ‘40 – Vengono realizzati i primi prototipi di centrali maremotrici.
1941 – Viene realizzato in U.S.A. un grande generatore eolico.
1942 – E. Fermi costruisce a Chicago la pila atomica.
1945 – Viene lanciata la prima bomba atomica su Hiroshima.
1954 – L’URSS costruisce la prima centrale nucleare di tipo ancora sperimentale.
1957 – Entra in funzione la prima centrale nucleare statunitense.
1958 – Vanguard è il primo satellite artificiale a sfruttare la luce del sole
come fonte diretta attraverso celle solari.
1960 – Viene reallizzata in URSS la prima grande centrale solare.
1968 – L. Arcomovich realizza il Tokamak per sperimentare la fusione nucleare.
Anni ‘70 – Si sperimenta l’energia solare nei mezzi di trasporto.
1972 – Negli U.S.A. sono in funzione 30 centrali nucleari ed altre 51 sono
in costruzione.
“…non conosco modo migliore di cambiare il sistema che immettere
nel mondo un nuovo tipo di tecnologia, con cui anche la gente
qualunque possa acquisire un’autonomia produttiva e diventare
relativamente indipendente”
Ernest Fritz Schumacher da “Il Buon lavoro”
1974 – L’ingegnere J. Lidmayer realizza una cella fotovoltaica al silicio
molto più efficiente di quelle già in uso.
Ivan Illich: energia ed equità
Ed è proprio in quegli anni che Ivan Illich (sicuramente una delle
menti più lucide nell’analizzare e valutare i meccanismi e gli intrecci fra la
tecnica, la tecnologia e la politica) in maniera chiara evidenzia quello che
negli anni successivi si sarebbe poi avverato. All’inizio del 1973, su “Le
Monde” di Parigi esce una sua prima analisi sul tema “Energia ed equità”.
“…Da qualche tempo è venuto di moda parlare di un’imminente crisi
energetica. Questo eufemismo occulta una contraddizione e consacra
un’illusione. Maschera la contraddizione che è implicita nel perseguire
assieme l’equità e lo sviluppo industriale; fa salva l’illusione che la potenza
della macchina possa sostituire indefinitamente il lavoro dell’uomo. Per
superare la contraddizione e dissolvere l’illusione, è urgente chiarire quella
realtà che viene oscurata dal linguaggio della crisi: e la realtà è che elevati
quanta di energia degradano le relazioni sociali con la stessa ineluttabilità
con cui distruggono l’ambiente fisico.
Coloro che parlano di crisi energetica credono in una particolare idea
dell’uomo e continuano a propagarla. Secondo questa concezione l’uomo
nasce, e resta per tutta la vita, dipendente da schiavi che deve faticosamente
imparare a dominare. Se non dispone di prigionieri, ha bisogno
di macchine che compiano gran parte del suo lavoro. Si può misurare il
benessere d’una società, secondo tale dottrina, dal numero degli anni che
i suoi membri hanno trascorso a scuola e dal numero degli schiavi energetici
che hanno così imparato a governare. Questa convinzione è comune a
tutte le contrastanti ideologie economiche attualmente in voga. È messa
in pericolo dalle evidenti iniquità, molestie e impotenze che si manifestano
ovunque quando le orde voraci degli schiavi energetici superano oltre un
certo rapporto il numero delle persone. La crisi energetica concentra le
preoccupazioni sulla scarsità del foraggio disponibile per questi schiavi.
Io preferisco chiedermi se gli uomini liberi hanno bisogno di essi.
Gli indirizzi di politica energetica che verranno adottati nel decennio
in corso determineranno la portata e il carattere delle relazioni sociali che
una società potrà avere nell’anno 2000. Una politica di bassi consumi di
energia permette un’ampia scelta di stili di vita e di culture. Se invece una
società opta per un elevato consumo di energia, le sue relazioni sociali non
potranno che essere determinate dalla tecnocrazia e saranno degradanti,
comunque vengano etichettate, capitaliste o socialiste.
In questo momento le società, specie quelle povere, sono per lo più
ancora libere di seguire nel campo dell’energia uno di questi tre indirizzi:
possono identificare il benessere con un forte consumo energetico pro capite,
o con il conseguimento di un’elevata efficienza nella trasformazione
dell’energia, oppure ancora con il minor uso possibile di energia meccanica
da parte dei membri più potenti della società. Il primo orientamento
punterebbe su una gestione rigida di combustibili rari e distruttivi
a vantaggio dell’industria, mentre il secondo metterebbe l’accento su una
riattrezzatura dell’apparato industriale nell’interesse del risparmio termodinamico.
Questi due primi atteggiamenti comportano ingenti investimenti
pubblici e un accentuato controllo sociale; entrambi giustificano l’avvento
di un Leviatano computerizzato, e sono oggi contestati da più parti.
La possibilità di una terza scelta è percepita da ben pochi. Mentre si è
cominciato ad accettare, come condizione per sopravvivere fisicamente,
qualche limitazione ecologica al consumo energetico massimo pro capite,
non si arriva ancora a vedere nell’impiego del minimo possibile di potenza
il fondamento di una varietà di ordinamenti sociali che sarebbero tutti
moderni quanto desiderabili. E tuttavia solo stabilendo un tetto all’uso di
energia si possono ottenere rapporti sociali che siano contraddistinti da
alti livelli di equità. L’unica scelta attualmente trascurata è la sola che sia
alla portata di ogni nazione. È pure la sola strategia che permetta di usare
una procedura politica per porre limiti al potere anche del più motorizzato
dei burocrati. La democrazia partecipativa postula una tecnologia a basso
livello energetico; e solo la democrazia partecipativa crea le condizioni per
una tecnologia razionale…”
Conoscenze cerebrali e abilità manuali
Pochi giorni fa, nell’inserto del Corriere della Sera (Io Donna n° 31 del
29 luglio 2006) l’editorialista Beppe Severgnini così conclude un suo pezzo
dal titolo “Il futuro è di chi sa usare il trapano”. “Siamo diventati tutti
come le signore eleganti nelle barzellette della Settimana Enigmistica: un
po’ svampite e incapaci di ogni attività manuale e pratica, non soltanto con
l’automobile. A parte una minoranza di hobbysti appassionati, che girano
con la pinza in mano e l’occhio febbrile, la maggior parte di noi si sta avvicinando
a forme di pura vita cerebrale: sappiamo molte cose, ma siamo
incapaci di usare un trapano, aggiustare una doccia, smontare una porta.
Un giorno le mani scompariranno, sostituite da uno stilo per operatore di
tastiere. Resteranno soltanto gli artigiani, ormai padroni del mondo, che
diranno: “tranquillo, dottore, mi consegni il suo stipendio, ci penso io”.
E Maria Rita Parsi, decana degli psicologi italiani, così mette in
guardia il mondo della scuola: “La povertà di pensiero e di espressione
potrebbe insidiare i bambini e i giovani. A favorirla potrebbe anche essere
lo strapotere dei nuovi mezzi di comunicazione che relegano l’attività
manuale di scrivere, utilizzando carta e penna, nel dimenticatoio delle
forme, ormai passate di moda, del lasciare traccia delle proprie ricerche,
dei propri vissuti, dei propri desideri, bisogni, scoperte. Un chiaro avvertimento
d’invito ai bambini e ai giovani affinché non rinuncino a questa
manualità viene da un interessante libro di Raffaele Simone: “La terza fase.
Forme del sapere che stiamo perdendo” (Ed. Laterza). Scrivere a mano è,
infatti, un esercizio indispensabile, personale ed intimo, che esprime nella
calligrafia lo stile dell’anima ed è capace di stimolare la mente ad organizzare,
proprio attraverso il flusso della scrittura, lo sviluppo dei pensieri
e dei sentimenti. Rinunciare a scrivere a mano sul foglio bianco significa,
poi, perdere il rapporto con un rito, con una manualità, attraverso i quali
consentiamo al pensiero di strutturarsi ed organizzarsi in tempi di
riflessione ed articolazione della forma necessari anche alla crescita e allo
sviluppo armonico della persona. (Il Resto del Carlino, 16.02.2006).
Siamo decisamente ad un bivio: può una società fare a meno dell’energia
che il corpo umano ricava dal cibo, combinando variamente
acqua, sali minerali, vitamine, proteine e grassi? Può una società composta
da tanti individui che posseggono un corpo, con arti e muscoli, delegare
solo ad una percentuale di essi i compiti che possiamo definire “unici” e
che non si possono delegare ad una macchina?
Energia da 1 o da 1000? Meglio da 100
A proposito di tecnologia E. F. Schumacher (Il piccolo è bello, Moizzi
Editore, Milano 1977) definisce la tecnologia di un tipico paese in via di
sviluppo, da 1 sterlina, mentre quella dei paesi sviluppati da 1.000 sterline.
Poiché il salto tra queste due tecnologie è talmente enorme che passare
dall’una all’altra è semplicemente impossibile, se si deve dare un aiuto effettivo
a coloro che ne hanno più bisogno, è necessaria una tecnologia che
si trovi in una posizione intermedia tra la tecnologia da 1 sterlina e quella
da 1.000 sterline: in forma simbolica, una tecnologia da 100 sterline. Schumacher
elabora così l’idea di sviluppare cosiddette “tecnologie intermedie”,
le vere tecnologie appropriate. Alla stessa maniera dovremmo cercare
come sfruttare al meglio l’energia intermedia fra l’energia muscolare umana
usata da 2 milioni a 10.000 anni prima di Cristo e l’energia (concentrazione
estrema di quanta di energia) sprigionata (il più delle volte sprecata) dal
petrolio o dal nucleare. Pensiamo all’energia del vento utilizzata oggi al
meglio nelle imbarcazioni a vela, pensiamo all’energia muscolare degli
animali da tiro, pensiamo a quel perfetto strumento termodinamico che è
il pedale della bicicletta.
Educarci alle abilità manuali, fin da piccoli
Nella mia esperienza diretta di maestro di scuola materna, ed ora
dirigente scolastico, mi sono reso conto quanto le mani siano uno degli
strumenti più importanti dell’uomo e quanto le abilità manuali (che sfruttano
l’energia muscolare) caratterizzino gli esseri umani da tutti gli altri
Può una società fare a meno dell’energia che il corpo umano ricava
dal cibo, combinando variamente acqua, sali minerali, vitamine,
proteine e grassi?
esseri viventi del creato. Credo nell’importanza di educare alla manualità
e all’uso delle tecnologie semplici fin dalla scuola dell’infanzia. L’uso di
strumenti e tecnologie semplici ci insegna tante cose: ci aiuta a risolvere i
piccoli e grandi problemi della quotidianità e contemporaneamente educa
le nostre abilità manuali. L’intelligenza non è solo un fatto teorico, ma una
esperienza concreta, per questo credo sia importante, nella scuola,
imparare e usare bene le mani.
Insieme all’amico Roberto Papetti, alcuni anni fa, ho evidenziato una
serie di strumenti semplici, il cui utilizzo anche nella scuola, ritengo
fondamentale.
Una sorta di Manifesto per il recupero delle tecnologie manuali, che
qui vengono evidenziate:
• la vanga, la zappa, il rastrello, la falce, le cesoie, il cavicchio… strumenti
che ci servono per scavare, rastrellare, piantare, raccogliere, tagliare.
Sono gli strumenti di lavoro della terra. Saperli usare bene significa
produrre cibo;
• l’ago e il filo, le forbici, il metro, gli spilli, il ditale. Ci servono per cucire,
tagliare, rammendare, puntare, attaccare bottoni, rattoppare. Sono
gli strumenti di lavoro che servono al sarto o alla sarta, per i vestiti
del nostro corpo;
• la pentola, il mestolo, il coltello, il forchettone, lo scolapasta, il tegame,
il matterello… oggetti d’uso quotidiano della cucina. Ci aiutano a
preparare con cura i cibi del nostro nutrimento;
• la bicicletta, la pompa, il mastice e la gomma, i ferri da riparare la
camera d’aria. La bicicletta è lo strumento più ecologico ed efficace
per spostarsi consumando il minimo di energia. È importante saperla
riparare e tenerla in efficienza;
• la sega, il martello, le pinze, la raspa, il cacciavite, il succhiello, le chiavi,
la lima… sono gli strumenti del banco da lavoro delle botteghe artigiane:
il falegname, il fabbro, l’elettricista, il carpentiere, l’idraulico;
• la cazzuola, il badile, la coffa, lo sfratasso, la pennellessa, lo scalpello,
il mazzuolo… sono gli strumenti indispensabili per costruire e riparare
le case;
• la penna e la matita, il quaderno, la cannetta col pennino, i pastelli, i
pennelli, la gomma, i colori,… offrono a chi studia, crea o scrive, una
infinità di opportunità. Ancora oggi sono gli strumenti più semplici ed
efficaci del lavoro scolastico;
• la corda, lo spago, dal filo di diverso materiale e lunghezza, sono
oggetti d’uso che servono per legare, unire, agganciare, sollevare,
appendere, sostenere,…facendo e disfacendo nodi;
• il binocolo, la lente di ingrandimento, il cannocchiale, il microscopio,
la macchina fotografica… sono strumenti per l’esplorazione, e la scoperta,
aiutano i nostri occhi a vedere più lontano, più vicino e con
maggiore intensità;
• la scopa, la pattumeria, la paletta, lo straccio, la ramazza, la pala, lo
strofinaccio,… sono gli utensili per le pulizie e l’igiene dell’ambiente
in cui viviamo;
• il sapone, la spugna, lo spazzolino, l’asciugamano, il tagliaunghie, il
pettine… oggetti e strumenti semplici ed essenziali per la pulizia e
l’igiene quotidiana del nostro corpo;
• la trottola, l’aquilone, le bambole, gli elastici, la palla, il salterello, sono
strumenti e giochi per il divertimento dei bambini e delle bambine.
Sperimentiamo nel concreto e quindi impariamo regole, leggi
scientifiche, trucchi, meccanismi altrimenti difficili da imparare;
• E infine c’è il coltellino, con i suoi mille usi. È lo strumento per una
vita avventurosa e all’aperto. Bisogna saperlo usare bene, con abilità e
attenzione.