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il nuovo numero dell'Ecologist

PERCHE' NON SI PUO' VIVERE SENZA GERMI

di Garry Hamilton

Nella guerra contro i germi, siamo noi i veri sconfitti?

Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?

Nell'estate del 2000, in America, ogni settimana ci furono novità sulla guerra ai batteri. Le storie seguenti erano erano le più visibili: una società di distribuzione di generi alimentari con sede a Seattle lancia sul mercato il pomodoro "one touch" (tocca una volta sola); la Federal Drug Administration degli Stati Uniti (FDA) annuncia piani per garantire la sicurezza dei formaggi fermentati a freddo; un'azienda leader nella produzione di collutori arricchisce la lista dei più di 700 germicidi in commercio (più di 700) con le sue strisce adesive di materiale antimicrobico per l'igiene orale, grandi come un pollice, che i consumatori devono mettersi sulla lingua; fu lanciato perfino un nuovo shampoo antibatterico, concepito per eliminare dai tappeti i germi che gli animali domestici lasciano dietro di sé. Naturalmente, un simile fuoco di sbarramento non è una novità. Fin da quando sono stati considerati responsabili delle malattie infettive, la gente ha intensificato i suoi sforzi per distruggere i germi, sognando il giorno in cui questi nemici invisibili non esisteranno più. Le battaglie finora vinte - la sconfitta della poliomielite, il drastico calo della mortalità infantile in Occidente, lo sradicamento del vaiolo in tutto il mondo - incoraggiano a continuare il combattimento verso mete più avanzate. Ma le recenti sconfitte, come la minaccia di nuovi agenti patogeni, il ritorno di vecchi nemici e lo sviluppo di ceppi resistenti agli antibiotici, ci ricordano che non dobbiamo mai abbassare la guardia. Saggezza vuole che, nella guerra contro i germi, non si possa mai riposare sugli allori. A onor del vero, però, questa definizione delle malattie infettive è troppo semplice. In primo luogo, non tiene conto del fatto che i batteri sono dovunque. Vivono nel terreno e nell'acqua, sono trasportati dalle correnti d'aria. Sopravvivono in assenza di ossigeno e di luce solare. Formano fitte colonie su ogni tipo di superficie artificiale. E la loro presenza non è affatto banale. La scoperta di batteri all'interno dei vulcani, negli acquitrini salati, nel granito solido, nelle fosse oceaniche a 345°C e nelle riserve di petrolio a migliaia di metri sotto la superficie terrestre, ha portato a calcolare che i microbi superano in peso tutte le altre forme di vita messe insieme! I batteri, inoltre, rappresentano una componente importante dell'organismo umano. Dalla nascita alla morte, siamo ricoperti da capo a piedi di un ricco tappeto vivente che è il frutto di migliaia, se non milioni di anni di coevoluzione fra corpo umano e microbi. Si crede che questi microbi siano concepiti per proteggerci da quelli nocivi ed interagiscano con le cellule del nostro organismo in modi sottili ma importanti che solo adesso stiamo imparando a conoscere. Infine, il nostro concetto di malattia ignora il fatto che la nostra posizione in questo brodo microbico è cambia continuamente. Un batterio che uccide una persona, può essere innocuo per un'altra. Un germe può essere benigno oggi e rappresentare un problema domani. Questi germi importanti che vivono nel vostro corpo nel posto e nel momento sbagliato diventano letali. Tutto ciò vuol dire che è profondamente falsato il significato che diamo ai batteri.

Riusciamo a capire quando ci fanno ammalare, ma non in che modo ci mantengono in salute. Consideriamo l'infezione una malattia quando non lo è: se lo fosse, saremmo già tutti morti. Perciò a combattere indiscriminatamente i germi può darsi che facciamo un gravissimo errore e cercando di rendere igienico il nostro ambiente, mettiamo in pericolo i fondamenti stessi della nostra sopravvivenza. Davanti all'intensificarsi della guerra contro i batteri alcuni ricercatori hanno cominciato a dire che è giunto il momento di considerarli da un punto di vista più ampio, che meglio rifletta la nostra posizione in un mondo pieno di batteri. Alcuni, addirittura, sostengono che siamo già andati troppo oltre. Ciò che occorre non è una minore esposizione ai microbi, ma al contrario abbiamo bisogno di essere più esposti. "Esiste un qualcosa come l'essere troppo puliti?", si chiede Stuart Levy, direttore del "Center for Adaptation Genetics and Drug Resistance" dell'Università di Tufts a Boston, "Penso di sì". Naturalmente, per la maggior parte dei microbiologi tale affermazione è un'eresia. Illuminati dalla moderna teoria sui germi essi, come la maggior parte di noi, considerano i batteri dei microrganismi unicellulari che seminano devastazione nel corpo umano. È un punto di vista basato su una serie di regole formulate per la prima volta da Robert Koch, scienziato tedesco del XIX secolo. Tali regole, oggi note come "postulati di Koch", forniscono i criteri per dimostrare che un determinato microrganismo è responsabile di una malattia. Primo, l'organismo deve essere sempre riscontrabile in una persona ammalata. Secondo, tale organismo deve essere isolato e in grado di crescere in colture pure. Terzo, se inoculato in cavie modello, il microrganismo deve provocare la malattia. Quarto, lo stesso organismo deve essere isolato da questi ultimi animali dopo la comparsa della malattia. Alla luce di queste regole, i moderni microbiologi sono diventati sostanzialmente cacciatori di microbi. Il loro compito è quello di snidare i batteri collegati ad una data malattia, studiarli nei minimi particolari - spesso fino all'ultima sequenza di nucleotide - ed orchestrare la loro eliminazione dal corpo umano o, meglio ancora, dal mondo intero. La storia dimostra che tale guerra contro i batteri non è stata una totale perdita di tempo. Ma, in realtà, la moderna teoria sui germi che la sorregge non è in grado di spiegarci chiaramente le malattie infettive...